approfondimenti esami Coagulazione

  • Acido Arachidonico

    È un acido grasso essenziale precursore della sintesi delle prostaglandine ed è capace di indurre aggregazione piastrinica, mediante prodotti metabolici, quali gli endoperossidi delle prostaglandine ed il TROMBOSSANO A2. È presente anche nelle lipoproteine, nei fosfolipidi di membrana delle piastrine e nella parete vasale. In vitro è utilizzato come agente aggregante per lo studio della aggregazione piastrinica mentre in vivo, durante l’attivazione piastrinica, è metabolizzato in trombossani.

  • Acido Ellagico

    Sostanza scarsamente solubile in H2O, a pH neutro dissocia due ossidrili assumendo una carica netta negativa. Questa sua caratteristica lo rende utilizzabile come catalizzatore del meccanismo di ATTIVAZIONE dei fattori di contatto, al pari di molte altre sostanze che presentano una carica superficiale netta negativa (COLLAGENE, CAOLINO, SILICE). È utilizzato comunemente assieme a fosfolipidi CEFALINA nel reattivo per APTT, il test globale di screening dei fattori della VIA INTRINSECA.

  • A.C.T.E. (Agkistrodon Contortrix Thrombin-like Enzime)

    È una frazione purificata di veleno di Agkistrodon Contortrix (Southem Copperheaded) con attività coagulante su plasma citrato o su soluzioni purificate di fibrinogeno, anche in assenza di ioni Ca2+. La sua azione enzimatica si esplica rilasciando il FIBRINOPEPTIDE B (FPB) dalla catena b del FIBRINOGENO. Tale azione avviene solo se precedentemente si realizza un sufficiente rilascio di FIBRINOPEPTIDE A (FPA) o con lunghi tempi di incubazione o per mezzo dell’aggiunta di BATROXOBINA.

  • Adesione piastrinica

    È la capacità delle PIASTRINE di aderire a superfici artificiali (vetro, biopolimeri,…) o naturali (sottoendotelio). L’esposizione alle piastrine del sottoendotelio e quindi del COLLAGENE innesca il meccanismo dell’adesione che è regolato da un recettore situato sulla membrana piastrinica (glicoproteina I) e dal fattore di von WILLEBRAND che fa da ponte con la parete del vaso.

  • ADP (Adenosin-5′ difosfato) Afibrinogenemia

    È un nucleotide adenilico fosforilato contenuto in molte cellule tra cui le PIASTRINE Nelle piastrine l’ADP è raggruppato in due pools: uno metabolico che assicura il metabolismo energetico e che è consumato continuamente e uno di scorta localizzato a livello dei granuli densi. L’ADP del pool di immagazzinamento viene liberato nell’ambiente extracellulare al momento dell’attivazione piastrinica. Questa sostanza è aggregante a concentrazioni molto basse (10-6 M).

  • Afibrinogenemia

    L’afibrinogenemia congenita deriva dalla mancata sintesi proteica specifica. L’alterazione è ereditaria con carattere autosomico recessivo. Nel plasma dei pazienti con tale patologia il FIBRINOGENO, con un contenuto proteico < 5 mg/dl, non è rilevabile né con metodi elettroforetici, né mediante precipitazione con TROMBINA, né per precipitazione a caldo, ma solo e raramente con metodi immunologici.

  • Aggregazione piastrinica

    L’aggregazione piastrinica è un fenomeno che consiste nella formazione di un insieme di piastrine a stretto contatto tra loro. In vitro si distingue una aggregazione reversibile e una irreversibile. Perché avvenga l’aggregazione è necessario che la PIASTRINA subisca una trasformazione di forma: da disco ovale si trasforma in sfera irregolare con numerosi pseudopodi. Questo è un prerequisito necessario ma non sufficiente: è necessaria la presenza di specifiche proteine di membrana ed è determinata dalla secrezione da parte delle piastrine di sostanze (ADP e TROMBOSSANO A2) che attivano le piastrine circolanti. In vitro l’aggregazione può essere indotta da numerosi stimoli. In vivo per l’inizio dell’aggregazione sono necessari due prerequisiti fondamentali: la lesione endoteliale e l’attivazione della coagulazione. Nella maggior parte dei casi quindi in vivo gli attivatori dell’aggregazione sono il COLLAGENE e la TROMBINA.

  • Aggregometro

    E’ un fotometro che misura la variazione di trasmissione della luce attraverso una sospensione di PIASTRINE nel plasma posto in una cuvetta termostatata sottoposta ad agitazione costante. La trasmissione della luce aumenta quando le piastrine si aggregano e l’andamento nel tempo del segnale viene registrato graficamente. Con questo strumento la misura dell’aggregazione è semiquantitativa.

  • α-2 antiplasmina

    E’ un inibitore della fibrinolisi ed esplica la sua attività contro la PLASMINA. Elettroforeticamente è una α2 -globulina, con peso molecolare tra 60 e 70 KD, a catena singola. L’ α2 antiplasmina lega e inibisce la plasmina molto rapidamente ed irreversibilmente: per questa ragione la presenza di plasmina libera in circolo è raramente dimostrabile con tests funzionali.

  • α-1 antitripsina

    E’ una glicoproteina di peso molecolare di 50 KD. E’ un inibitore della tripsina e dì altre proteasi. Fino a pochi anni fa, in coagulazione, era considerato solo come inibitore di secondaria importanza nell’inibire la PLASMINA. Recentemente è stato identificato come il principale inibitore della PROTEINA C attivata.

  • Antiaggreganti

    Sostanze in grado di inibire l’aggregazione piastrinica nell’uomo. A seconda del loro meccanismo d’azione si diversificano in 4 gruppi:
    a) Antagonisti del Ca++ che interferiscono direttamente con il trasporto del Ca++ e/o con i suoi effetti.
    b) Inibitori che agiscono attraverso l’AMP ciclico (il cui aumento inibisce l’aggregazione)
    c) inibitori che modificano il metabolismo dell’ACIDO ARACHIDONICO (inibendone la sintesi o la liberazione). A questo gruppo appartengono gli inibitori della cicloossigenasi di cui il più noto è l’acido acetilsalicilico.
    d) sostanze con meccanismo d’azione vario. Sono sostanze che agiscono in maniera aspecifica o in concentrazioni non raggiungibili in vivo.

  • Anticoagulanti

    Sono sostanze capaci di inibire in vivo e in vitro la cascata coagulativa, agendo secondo un loro specifico meccanismo d’azione. Gli anticoagulanti più comunemente usati in terapia sono:
    – gli antagonisti della VITAMINA K (cumarolici e indandionici)
    – l’EPARINA.
    I primi sono anticoagulanti indiretti in quanto non agiscono direttamente sul meccanismo coagulativo, ma deprimono la sintesi epatica dei fattori del COMPLESSO PROTROMBINICO. L’eparina invece agisce direttamente sul meccanismo coagulativo potenziando l’attività anti-proteasica dell’ANTITROMBINA III. L’anticoagulante più comunemente usato per la preparazione di plasma per l’esecuzione di test coagulativi è il Sodio Citrato alla concentrazione o di 3.2 g/dl (109 mM) o di 3.8 g/dl (129 mM).

  • α-2 macroglobulina

    E’ una glicoproteina ad alto PM (725 KD) capace di formare complessi inattivi con molte proteasi tra cui la PLASMINA, la TROMBINA e la CALLICREINA. Agisce sulla plasmina solo quando tutta la α2-antiplasmina è saturata.

  • Antitrombina III (AT III)

    E’ una proteina di 65 KD che è presente nel plasma alla concentrazione media di 20 mg/dl. L’AT III neutralizza l’attività della TROMBINA, del FATTORE Xa e di altre proteasi (IXa e XIla) mediante la formazione di un complesso stechiometrico tra enzima ed inibitore, che si realizza tramite l’interazione tra la serina del centro attivo della trombina e un’arginina nell’AT III. Questa reazione è lenta e necessita di acceleratori quali l’EPARINA e il DERMATAN SOLFATO. Carenze quantitative e alterazioni strutturali della molecola di questa proteina sono associate a TROMBOSI venose.

  • aPC-resistance

    È un test funzionale coagulante che valuta la presenza del FATTORE V-LEIDEN, e consiste nel misurare il valore di aPTT del plasma in esame dopo aggiunta di una adeguata quantità di aPC esogena (Aptt+), e di rapportarlo a quello basale (aPTT-). II valore così ottenuto (ratio), rapportato a quello ottenuto con un plasma di riferimento, rappresenta un indice (APC‑R N) della presenza del fattore V anomalo (Ratio Normalizzata). La metodica precedente può essere notevolmente più accurata se il plasma in esame (e quello di riferimento) sono diluiti (1:5) in un plasma carente di Fattore V Quando il valore di APC-R N < 0.7, nel plasma in esame è presente il FATTORE V-LEIDEN.

  • APTT (Activated Partial Thromboplastin Time)

    Vedi Tempo di Tromboplastina Parziale Attivato

  • Attivatore

    Sostanza ad attività enzimatica o catalitica capace di promuovere l’innesco del meccanismo coagulativo (o inibitore o fibrinolitico). Sono potenziali attivatori enzimatici i FATTORI della coagulazione dopo parziale proteolisi della molecola; come tali sono normalmente assenti dal circolo, ad eccezione del fattore Vlla. Sono attivatori catalitici coagulativi quelle sostanze naturali o artificiali con una carica netta superficiale negativa; il legame tra queste superfici e il fattore XII innesca, tramite il sistema delle chinine e della precallicreina, un loop autocatalitico con attivazione della VIA INTRINSECA.

  • Attivazione piastrinica

    È un fenomeno che avviene ad opera di agenti stimolanti e comporta cambiamenti morfologici e biochimici della PIASTRINA. Le modificazioni biochimiche comprendono anche la liberazione di costituenti piastrinici. Le modificazioni morfologiche comprendono anche l’esposizione sul lato rivolto all’esterno di recettori di membrana specifici. La fase di attivazione è preparatoria per l’aggregazione.

  • Batroxobina

    È una frazione purificata di veleno di Bothrops Atrox con attività coagulante su plasma citrato o su soluzioni purificate di Fibrinogeno, anche in assenza di ioni Ca2+. La sua azione enzimatica si esplica rilasciando il FIBRINOPEPTIDE A (FPA) dalla catena α del FIBRINOGENO. È il principio attivo usato nel reattivo per la misura del TEMPO DI REPTILASI.

  • Calcio ione

    È un cofattore necessario in alcune reazioni della cascata coagulativa: nella formazione dei complessi attivatori del FATTORE X (IXa – PF3 – Ca – VIlla e VIIa – TF – Ca), nella formazione della protrombinasi (Xa – Va – PF3 – Ca) e nella stabilizzazione della FIBRINA da parte del FATTORE XIII. La presenza di tali ioni rende irreversibile l’aggregazione delle PIASTRINE ed è indispensabile per legare i fattori ai fosfolipidi.

  • Callicreina

    È una proteina composta da due catene polipeptidiche legate tra loro da ponti disolfurici, una catena pesante di 43 KD e una catena leggera di PM compreso tra 33 e 36 KD. È una serin proteasi presente nel plasma come ZIMOGENO PRECALLICREINA che viene attivato per proteolisi parziale del fattore Xlla. L’azione enzimatica della callicreina si esplica liberando CHININE dai CHININOGENI, attivando il FATTORE XII, il PLASMINOGENO e il FATTORE lX. L’ inattivazione della callicreina nel plasma avviene ad opera degli inibitori delle proteasi plasmatiche. II principale inibitone è il C1 mentre meno efficaci sono l’AT III e α2 -ANTIPLASMINA.

  • β-tromboglobulina

    È una proteina di peso molecolare intorno ai 36 KD. È specifica delle PIASTRINE, è immagazzinata nei granuli alfa e viene liberata al momento dell’attivazione. È dosabile con metodo immunoenzimatico ed è utilizzato come market dell’attivazione piastrinica.

  • Caolino

    È un silicato di alluminio, insolubile in H20, che presenta una carica netta superficiale negativa. Tale caratteristica lo rende utilizzabile come attivatone della VIA INTRINSECA ed è impiegato insieme ai fosfolipidi CEFALINA come reattivo per l’APTT Questo reattivo (in assenza di fosfolipidi) è più sensibile agli anticorpi anti-fosfolipidi presenti nei pazienti con LUPUS ANTICOAGULANT ed è perciò utilizzato nel test KCT (Kaolin Clotting Time) per discriminare questa patologia.

  • Cefalina

    Estratto cloroformico di cervello di natura fosfolipidica sotto forma di micelle, usato in sostituzione del PF3. I più importanti fosfolipidi della miscela sono: l’ac.fosfatidico, la fosfatidilserina, la fosfatidiletanolamina, il fosfatidilinositoloe il fosfatidilglicerolo. La composizione è variabile a secondo della specie animale e del metodo estrattivo.

  • Celite

    Silicato di origine organica, ricavato dalla polvere di diatomee, insolubile in H2O, che presenta una carica netta superficiale altamente negativa. Tale caratteristica lo rende un buon attivatore della VIA INTRINSECA ed è perciò usato insieme al reattivo CEFALINA come reagente per il test APTT

  • Chininogeno ad alto peso molecolare (HMWK) Fattore Fitzgerald

    I chininogeni plasmatici sono grosse proteine che contengono peptidi vasoattivi: le chinine. Nel plasma umano si distinguono almeno due chininogeni: il chininogeno a basso peso molecolare (LMWK) e quello ad alto peso molecolare (HMWK). Quest’ultimo contiene solo un quinto del contenuto plasmatico delle chinine ed è presente come una singola catena polipeptidica di circa 105 KD di peso molecolare. Le chinine derivano dalle sequenze aminoacidiche interne dei chininogeni e sono rilasciate per proteolisi parziale ad opera della CALLICREINA che agisce molto più attivamente sull’HMWK che non sul LMWK. HMW chininogeno è un cofattore non enzimatico che è al centro delle reazioni di attivazione da contatto. La regione carbossi-terminale della molecola contiene una sequenza aminoacidica molto particolare con carica netta altamente positiva. Questa sequenza è essenziale per le reazioni di attivazione da contatto, probabilmente perché crea un legame con le molecole delle superfici con carica negativa.

  • CID (Coagulazione Intravasale Disseminata)

    La coagulazione intravasale disseminata (CID) può essere definita un fenomeno patologico di diversa origine in cui avviene un diffuso accumulo di FIBRINA con contemporanea e/o successiva attivazione della FIBRINOLISI. La sede di questi fenomeni è il microcircolo in particolare nel cervello, nel rene, nell’intestino e nella pelle. In casi di DIC severa è predominante un’azione di consumo di PIASTRINE, FIBRINOGENO, PROTROMBINA, FATTORI V, VII e ANTITROMBINA III. Questa sindrome è associata a fenomeni patologici diversi. Le più frequenti cause di DIC sono i tumori maligni, le sepsi, le infezioni, le leucemie, le epatopatie, le complicanze ostetriche, le malattie autoimmuni, i traumi e gli interventi chirurgici. I test di laboratorio di primaria importanza in questa sindrome sono il conteggio delle piastrine, la concentrazione del fibrinogeno e il livello dei prodotti di degradazione del fibrinogeno-fibrina (FDP e D-DIMERO) e la loro variazione nel tempo.

  • C4b-BP (C4b-Binding Protein)

    È una glicoproteina ad alto peso molecolare, PM 570 KD, formata da un nucleo centrale e da 7 identiche braccia. Elettroforeticamente è una β-globulina ed è un inibitore del complemento. La concentrazione plasmatica normale è di 20 mg/dl. Ha una funzione regolatrice sulla PROTEINA S libera, legandone circa il 60% del totale. Stati infiammatori ne aumentano la concentrazione, spostando l’equilibrio della PS dalla forma libera a quella legata; ciò comporta una riduzione dell’attività anticoagulante del sistema aPC/PS.

  • Clauss (Metodo di)

    Test funzionale per il dosaggio del FIBRINOGENO, basato sul TEMPO DI TROMBINA modificato. In presenza di un’alta concentrazione di TROMBINA il tempo di polimerizzazione della fibrina di un plasma citrato diluito è correlato alla quantità di proteina coagulabile. Questo test è una misura della velocità di proteolisi del FPA da parte della trombina. Tale reazione è influenzata da sostanze ad azione anti-trombinica (FDP, eparina) o da modificazioni della struttura terziaria della proteina del fibrinogeno che causano un impedimento sterico. In questi casi si avrà una sottostima del reale contenuto proteico ma si metterà in evidenza una ridotta funzionalità.

  • Coagulometro

    Strumento dedicato allo studio di reazioni coagulative in vitro, che misura il tempo di coagulazione in plasmi interi o diluiti dopo aver opportunamente attivato il processo coagulativo. Esistono strumenti con diverso grado di automazione e con diverso sistema di rilevazione del coagulo. Sotto questo aspetto, la strumentazione può essere suddivisa in due grosse categorie: a rilevazione foto-ottica e a rilevazione meccanica. AI primo gruppo appartengono quei sistemi che utilizzano le proprietà ottiche del coagulo, misurate con tecniche turbidimetriche o nefelometriche; al secondo appartengono quelli che utilizzano le proprietà meccaniche o elettriche (resistenza al trascinamento di corpi solidi o conducibilità elettrica).

  • Cofattore Eparinico II (Heparin Cofactor II)

    È un inibitore di serin-proteasi molto specifico: inattiva solo la TROMBINA formando con essa un complesso equimolare. La velocità di inattivazione della trombina è grandemente potenziata dall’EPARINA e dal DERMATAN SOLFATO. Quest’ultimo, a differenza dell’eparina, non è in grado di aumentare la velocità di inibizione dell’AT III. Non è certo che la carenza di questo inibitore possa essere associata ad episodi trombotici sia venosi che arteriosi.

  • Collagene

    È una macromolecola che ha una struttura elicoidale a tripla elica, ricca di idrossiprolina e idrossilisina; è presente in grande quantità nella parete dei vasi ed è capace di indurre in vitro adesione piastrinica. Secondo la configurazione biochimica si possono distinguere diversi tipi di collagene. Le strutture molecolari del collagene responsabili dell’adesione piastrinica sono ben conosciute.

  • Complemento

    II sistema del complemento è composto da distinte proteine che interagiscono sequenzialmente in modo da ottenere determinati effetti della risposta infiammatoria. Durante il corso di queste reazioni interagisce anche con altri tre sistemi: quello della coagulazione, quello fibrinolitico e il sistema generatore di chinine.

  • Complesso Protrombinico

    Con tale termine vengono designati i FATTORI II, VII, IX e X.

  • Dermatan Solfato

    È un GLICOSAMINOGLICANO endogeno di peso molecolare di circa 30 KD prodotto dalle cellule endoteliali dei vasi. Catalizza l’inibizione della trombina da parte del COFATTORE EPARINICO II e assicura un’adeguata pervietà dei vasi del microcircolo di organi altamente vascolarizzati.

  • D-dimero

    È il frammento che si forma dalla degradazione della FIBRINA da parte della PLASMINA. II frammento D è un dimero perché è costituito da due unità tenute insieme da legami gamma-gamma formatisi per azione stabilizzante del FATTORE XIIIa.. È da considerare come marker di una pregressa o presente attivazione della coagulazione.

    I prodotti della degradazione della fibrina, frammenti solubili altamente eterogenei, sono il risultato di due fenomeni simultanei :

    la coagulazione del fibrinogeno in fibrina stabilizzata per azione della trombina e del fattore Xllla,

    a lisi del coagulo di fibrina per azione della plasmina in frammenti solubili liberati nel sangue. I prodotti terminali della fibrinolisi sono i D-dimeri.

    Strumento molto utile per la diagnosi della trombosi ed il monitoraggio della terapia trombolitica. Livelli elevati si riscontrano:

    1. trombosi venosa profonda

    2. embolia polmonare

    3. coagulazione intravascolare disseminata (CID)

    4. tromboembolismi venosi associati alla gravidanza.

    Un D-Dimero negativo su pazienti con sospetti problemi trombotici ha un alto valore predittivo. Nei pazienti Negativi si può evitare di eseguire test come la venografia a mezzo di contrasto e la arteriografia polmonare che sono costosi, complessi, invasivi e potenzialmente pericolosi.

  • Disfibrinogenemia

    Sequenza aminoacidica della molecola del FIBRINOGENO che ne modifica la funzionalità. II tipo di difetto, e quindi di disfibrinogenemia, è in relazione alla fase di fibrinoformazione che viene alterata. La fibrinoformazione avviene in tre fasi:

    parziale proteolisi della catena α e β ad opera della TROMBINA,

    polimerizzazione dei mononeri di FIBRINA

    stabilizzazione del coagulo da parte del FATTORE XIII. È consuetudine dare alla variante patologica del fibrinogeno il nome della città in cui è stato evidenziato il difetto.

  • DVT o TVP (Deep Vein Thrombosis)

    La trombosi venosa profonda (TVP) viene definita come ostruzione trombotica di una o più vene del sistema venoso profondo. Il trombo venoso si forma nelle tasche valvolari dove fisiologicamente si riscontra un maggior rallentamento del flusso ematico. La trombosi ha un’origine multifattoriale; l’ipotesi di una componente vascolare (lesione) nell’indurre trombogenesi non è più indicata come unica componente scatenante. Possibili alterazioni funzionali della parete venosa, specialmente degli endoteli, concomitanti con la stasi, l’ipercoagulabilità e il deficit di inibitori della coagulazione sono alcuni dei fattori trombogenetici. L’alterazione (lesione) vascolare è invece sicuramente presente tra i fattori di trombogenesi in certe situazioni particolari quali per esempio interventi chirurgici e gravi traumi agli arti.

  • Embolia

    Ostruzione improvvisa, a carattere isolato o ricorrente, di uno o più vasi da parte di emboli. L’embolo si distingue in solido, che può essere settico (cioè derivare da fenomeni infiammatori), tissutale o cellulare (tumori, aggregati piastrinici, leucocitari, emazie); liquido, per esempio liquido amniotico o tessuto adiposo (fratture, ustioni ecc.) e gassoso (aria, bolle di azoto). Una delle più comuni forme di embolia è quella polmonare.

  • Emofilia

    Tale termine è usato per le forme di malattia ereditabili come caratteri recessivi completamente legati al sesso.

    – EMOFILIA A, detta anche emofilia classica, è caratterizzata dalla diminuzione quantitativa dell’attività procoagulante della molecola del FATTORE VIII (F VIII:C). È una malattia ereditaria con carattere recessivo legata al cromosoma X, per cui si manifesta quasi esclusivamente nei soggetti di sesso maschile perché portatori di un solo cromosoma X. Si distinguono almeno due tipi di emofilia A: grave, quando il FATTORE VIII è presente in quantità inferiori all’1 per cento ed emofilia moderata e lieve quando l’attività del fattore è compresa tra il 2 e il 5%, oltre il 5% è considerata subclinica. La manifestazione clinica della malattia varia a seconda della gravità; l’emofilia grave si manifesta con ripetuti e gravi emartri, mentre nella carenza moderata sono meno frequenti fino ad essere talvolta del tutto assenti nella forma lieve, salvo verificarsi in seguito a ferite traumatiche. Nell’emofilia A normalmente I’aPTT e il TEMPO DI GENERAZIONE TROMBINICA sono prolungati. Nell’emofilico grave, oltre alla mancanza di fattore VIII, compare anche la presenza di un anticorpo anti‑FVIII, probabilmente dovuto a una reazione immunitaria dopo somministrazione di crioprecipitati. La presenza di questo inibitore aggrava ancor più il quadro clinico.

    – L’EMOFILIA B, presenta una sintomatologia clinica identica a quella dell’emofilia A, ma è caratterizzata da una diminuzione quantitativa dell’attività coagulante del FATTORE IX.

  • Emostasi

    Questo termine si riferisce ad una complessa serie di processi biologici destinati a proteggere il circolo sanguigno da eventuali perdite e a ristabilire l’integrità vascolare in seguito a lesioni. Il processo può essere descritto schematicamente in tre fasi successive: vasco-piastrinica, coagulativa e riparativa. Ognuno di questi fenomeni è il risultato della complessa interazione tra sangue (plasma ed elementi cellulari) e parete vascolare. Durante la prima fase avviene la formazione del tappo piastrinico, che nella seconda fase viene consolidato dalla FIBRINA. Il processo coagulativo fisiologicamente deve essere localizzato; a questo concorrono il sistema degli inibitori fisiologici della coagulazione (AT III, PC, PS, HC II) e il fatto che le reazioni non avvengono in circolo, ma sono mediate da recettori situati sulla membrana cellulare. Il momento finale dell’emostasi è la fibrinolisi, cioè la rimozione dei depositi di fibrina e il ripristino dell’integrità del vaso leso.

  • Eparina

    L’eparina è composta da una famiglia di catene polisaccaridiche prevalentemente costituite da sequenze regolari di un saccaride trisolfato (acido iduronico 2-solfato glucosammina N,6-disolfato) interrotte da regioni irregolari costituite da varie combinazioni di disaccaridi di- e mono-solfati, che contengono anche acido glucuronico e glicosammina N-acetilata (GLICOSAMINOGLICANI).

    La proporzione fra sequenze regolari ed irregolari, la lunghezza delle singole sequenze e la lunghezza totale media delle catene che le contengono, variano in funzione della specie animale, del tessuto di origine dell’eparina ed in alcuni casi anche in funzione dei procedimenti di estrazione e di purificazione.

    Le diverse sequenze dell’eparina costituiscono veri e propri “domini funzionali”, con diversa affinità per le proteine del plasma e per i tessuti, e diverso contributo alle varie attività biologiche ed alla loro espressione farmacologica. Le attuali conoscenze sui rapporti struttura-attività delle eparine possono essere così schematizzate:

    – oltre il 70% dell’attività anticoagulante delle eparine più correntemente impiegate in terapia è associabile ad una sequenza specifica che costituisce il sito attivo per I’ANTITROMBINA.

    – le proprietà anticoagulanti che si espletano attraverso meccanismi non mediati dall’antitrombina (interazione diretta con la TROMBINA ed altri fattori di coagulazione, ed interazione mediata dal COFATTORE EPARINICO II), come pure l’attività lipasica, sono riconducibili alle sequenze regolari di disaccaride trisolfato.

    La capacità di inibire il FATTORE Xa riflette solo in parte le proprietà antitrombotiche in vivo delle specie epariniche. L’eparina agisce come catalizzatore della reazione tra AT III e proteasi seriniche, aumentandone di 1.000 volte la velocità di inibizione.

    L’uso di eparina trova indicazioni nelle trombosi in atto e nella profilassi a breve termine di situazioni ad elevato rischio trombotico.

  • Eparina L.M.W. (Low Molecular Weight o Basso Peso Moleculare)

    Comprende una famiglia di eparine con peso molecolare inferiore ai 5 KD. A parità di contenuto in sito attivo per I’ANTITROMBINA e di sequenze di disaccaride trisolfato, l’attività anticoagulante (quale espressa dai tests di inibizione della trombina) manifesta una marcata dipendenza dal peso molecolare, diminuendo con il diminuire della lunghezza delle catene epariniche fino a diventare trascurabile per pesi molecolari inferiori a 3 KD. Una lunghezza minima di catena è un requisito per la formazione di un complesso ternario fra eparina, antitrombina e TROMBINA. D’altra parte, il solo pentasaccaride del sito attivo per I’antitrombina e le catene che lo contengono sono sufficienti per l’inibizione (mediata dall’antitrombina) del FATTORE Xa, anche se il loro peso molecolare è inferiore a 5 KD. Queste eparine sembrano avere una miglior biodisponibilità nel plasma (determinata essenzialmente dalla competizione con componenti plasmatici quali le lipoproteine e gli ioni calcio e dal l’adsorbimento da parte della parete vascolare) e, come probabile conseguenza, una migliore attività antitrombotica. Le eparine a basso peso molecolare possono essere ottenute con metodi di frazionamento, ma più frequentemente sono ottenute mediante depolimerizzazione controllata.

  • EPI (Extrisic Pathway Inhibitor)

    Inibitore della via estrinseca.
    E’ una lipoproteina con PM intorno ai 40 KD e un potente inibitore del complesso FATTORE VIIa-TROMBOPLASTINA TESSUTALE.
    Questo inibitore richiede come cofattore il FATTORE Xa.
    La principale fonte fisiologica dell’EPI sembra essere l’endotelio vascolare.

  • Fattore Piastrinico 4 (PF4)

    E’ una proteina di circa 30 KD contenuta nei granuli alfa delle piastrine. Viene liberata durante l’attivazione e ha la capacità di inattivare l’eparina. È dosabile nel plasma con tecnica immunoenzimatica come marker piastrinico.

  • Fattore Tissutale Tissue Factor

    Lipoproteina presente negli estratti tessutali (TROMBOPLASTINA) recentemente isolata e purificata. Forma un complesso con il FATTORE VII in grado di attivare sia la VIA ESTRINSECA sia quella INTRINSECA.

  • Fattori della coagulazione

    Sono chiamate così tutte le molecole che partecipano alla cosiddetta “cascata coagulativa”. Dal 1954 sono stati designati con numeri romani dal I al XIII; oltre a questa classificazione, ad alcuni fattori è associato il nome del paziente in cui per la prima volta è stata diagnosticata la carenza.

    L’attività dei fattori nel plasma viene misurata come capacità di correzione del difetto di un plasma carente del fattore che si vuol misurare e si esprime in percentuale (%) o in U/ml rispetto ad uno standard a titolo noto.

    Fattore I – Fibrinogeno

    Fattore II – Protrombina

    Fattore III – Fattore tissutale

    Fattore IV – Calcio

    Fattore V – Fattore labile o pro-accelerina

    Fattore VI non assegnato

    Fattore VII – Fattore stabile

    Fattore VIII – Fattore (Globulina) antiemofilico A

    Fattore IX – Fattore Christmas o fattore antiemofilico B

    Fattore X – Fattore Stuart-Prower

    Fattore XI – Antecedente plasmatico tromboplastina

    Fattore XII – Fattore Hageman o Fattore di superficie

    Fattore XIII -Fattore stabilizzante la FIBRINA

    Fattore Fletcher – vedi Precallicreina

    Fattore Fitzgerald – vedi Chininogeno ad Alto Peso Molecolare

    Fattore Fletcher – Precallicreina

    Fattore Fitzgerald – Chininogeno ad alto peso molecolare

  • Fattore I Fibrinogeno

    E’ un dimero di peso molecolare di 340 KD; ciascuna parte è costituita da tre catene α β γ fornite di un gruppo carbossilico terminale libero. La concentrazione nel plasma è di 200-400 mg/dl. La sua trasformazione fisiologica in fibrina avviene ad opera della TROMBINA. Esistono altri enzimi ad azione trombino-simile capaci di polimerizzare il fibrinogeno.

  • Fattore II Protrombina

    Glicoproteina di peso molecolare di 69 KD, il doppio rispetto alla trombina che è la sua forma attiva. È sintetizzato nel fegato ed è vitamina K dipendente. Nel plasma è presente alla concentrazione di 10-16 mg/dl.

  • Fattore III Fattore Tissutale

    E’ un fosfolipide della membrana piastrinica. (tromboplastina)
    Vedere tissue factor

  • Fattore IV

    Calcio.
    Rappresenta un elemento chimico indispensabile per numerose tappe delle reazioni enzimatiche che portano alla coagulazione del sangue.

  • Fattore V Fattore labile o pro-accelerina

    E’ una lipoproteina di peso molecolare di circa 330 KD, sintetizzata nel fegato, ma non vitamina K dipendente. Partecipa alla fase di trasformazione della protrombina in TROMBINA.

  • Fattore VI

    Non assegnato

  • Fattore VII Fattore stabile

    E’ presente nel plasma alla concentrazione di 0,1 mg/dl, ha un peso molecolare di 60 KD che varia molto a seconda dell’origine del materiale e della tecnica impiegata. È una glicoproteina sintetizzata nel fegato ed è vitamina K dipendente, partecipa alla via intrinseca insieme al FATTORE TISSUTALE. È l’unico fattore che può essere presente, “in vivo” nella sua forma attivata.

  • Fattore VIII Fattore (Globulina) antiemofilico A

    E’ una glicoproteina il cui PM non è ancora stato definito ma è molto elevato (> 200 KD). La sua concentrazione nel plasma è di 1 mg/dl. In base a dati recenti sembra che la molecola sia costituita da due porzioni: una a basso PM con azione coagulante e l’altra, a PM elevato, fornita di specificità antigenica e capace di regolare l’adesività e l’aggregazione piastrinica. La prima porzione interviene nei meccanismi della coagulazione a livello del sistema intrinseco ed è deficitaria nell’EMOFILIA classica, mentre la seconda è deficitaria nella malattia di Von WILLEBRAND-JÜRGENS.

  • Fattore IX Fattore Christmas o Fattore antiemofilico B

    E’ una glicoproteina con PM di 72 KD, sintetizzata nel fegato in presenza di vitamina K. La carenza di questo fattore può portare a sindromi emofiliche del tutto sovrapponibili all’emofilia classica. È presente nel plasma alla concentrazione di 0,5 mg/dl.

  • Fattore X Fattore Stuart-Prower

    E’ una glicoproteina con PM di 56 KD: è sintetizzato nel fegato in presenza di vitamina K. È presente nel plasma alla concentrazione di 0,8-1,2 mg/dl ed è il proenzima essenziale per la protrombinasi nella via comune.

  • Fattore V-LEIDEN

    Nel gene che regola la sintesi del FATTORE V, è stata trovata una transizione G A in posizione 1691 che determina la sintesi di un fattore con aumentata resistenza all’azione inibitrice della aPC (proteina C attivata), rispetto al FATTORE V normale. Questa caratteristica è più conosciuta come aPC-resistance, e il test analitico che ne valuta la presenza, assume la stessa denominazione. Questa mutazione è stata riscontrata nel 20-40% di pazienti con storia personale e familiare di trombosi venose. La distribuzione di questa mutazione nella popolazione mondiale non è omogenea; in particolare l’area del Nord Europa è quella che presenta la più alta diffusione. La ricerca di questa mutazione è effettuata sul DNA del paziente mediante tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction); esistono attualmente test funzionali (aPC-resistance di seconda generazione) che sono in grado di evidenziare con analoga accuratezza la presenza del FATTORE V-Leiden, e quindi della mutazione genetica.

  • Fattore XI Antecedente plasmatico tromboplastina

    Il suo PM si aggira sui 124 KD; è sintetizzato nel fegato ed è presente in tracce (0,4-0,7 mg/dl)

  • Fattore XII Fattore Hageman o Fattore di superficie

    La carenza di questo fattore non determina manifestazioni emorragiche. Viene anche indicato con il termine “fattore di contatto” perché interviene nelle primissime fasi della coagulazione e la sua attivazione avrebbe origine in seguito al contatto con superfici estranee. Partecipa anche alla attivazione della fibrinolisi e al sistema delle chinine plasmatiche. Ha PM di circa 80 KD.

  • Fattore XIII Fattore stabilizzante la FIBRINA

    E’ sintetizzato nel fegato, ha le caratteristiche di una /globulina e ha PM di 320 KD. È presente nel plasma in forma inattiva ed è attivato dalla trombina; in presenza di ioni calcio, contribuisce alla stabilizzazione del polimero di fibrina, rendendolo insolubile.

  • Fattore Fletcher o Precallicreina

    È una glicoproteina a singola catena polipeptidìca con peso molecolare circa 80 KD. È uno zimogeno di una serin-proteasi ed è attivato per parziale dal FATTORE Xlla. I livelli plasmatici di precallicreina sono circa di 2,5-4 mg/dl.

  • Fattore Fitzgerald o Chininogeno ad alto peso molecolare

    I chininogeni plasmatici sono grosse proteine che contengono peptidi vasoattivi: le chinine. Nel plasma umano si distinguono almeno due chininogeni: il chininogeno a basso peso molecolare (LMWK) e quello ad alto peso molecolare (HMWK). Quest’ultimo contiene solo un quinto del contenuto plasmatico delle chinine ed è presente come una singola catena polipeptidica di circa 105 KD di peso molecolare. Le chinine derivano dalle sequenze aminoacidiche interne dei chininogeni e sono rilasciate per proteolisi parziale ad opera della CALLICREINA che agisce molto più attivamente sull’HMWK che non sul LMWK. HMW chininogeno è un cofattore non enzimatico che è al centro delle reazioni di attivazione da contatto. La regione carbossi‑terminale della molecola contiene una sequenza aminoacidica molto particolare con carica netta altamente positiva. Questa sequenza è essenziale per le reazioni di attivazione da contatto, probabilmente perché crea un legame con le molecole delle superfici con carica negativa.

  • FDP Fibrin (ogen) Degradation Products

    Sono i prodotti dell’azione litica della PLASMINA sul FIBRINOGENO e sulla FIBRINA. La lisi plasminica del fibrinogeno conduce alla formazioneiniziale del frammento X e, perdurando l’azione della plasmina, si distaccano prima il frammeno Y e poi i frammenti E e D, frammenti monomerici, insieme a una serie di peptidi a basso PM. La fibrina va incontro a degradazione ad opera della plasmina con formazione di frammenti D-dimero ed E.

  • Fibrina

    È il prodotto di polimerizzazione fisiologica dei monomeri ottenuti dal FIBRINOGENO dopo allontanamento dei fibrinopeptidi A e B da parte della TROMBINA. Ha una struttura lamellare ottenuta per legami consecutivi tra i domini D. È stabilizzata dal FATTORE XIII tramite legami crociati tra le lamelle. La PLASMINA è in grado di attaccarla generando FDP e il frammento D-DIMERO.

  • Fibrinolisi

    La fibrinolisi è un processo enzimatico deputato fisiologicamente alla rimozione dei depositi di FIBRINA presenti a livello vascolare e quindi a mantenere pervio il microcircolo. Esistono tuttavia parecchi altri processi biologici in cui il sistema fibrinolitico gioca un ruolo importante quale per esempio la riparazione tissutale e i meccanismi proteolitici che si accompagnano all’ovulazione e all’impianto dell’embrione. Questo sistema è costituito da tre componenti principali: il PLASMINOGENO, gli attivatori del plasminogeno, che possono essere d’origine diversa (attivatore ematico, vascolare e tessutale) e gli inibitori che possono neutralizzare rapidamente la plasmina formata o interferire nell’attivazione del plasminogeno.

  • Fibronectina

    È una glicoproteina di 420 KD che costituisce la componente fondamentale di molte matrici connettivali dell’organismo. Circola come dimero di due subunità molto simili legate da ponti disolfuro. Sembra che il fattore XIII possa legarla con legame covalente alla catena a della fibrina. È considerata una proteina adesiva piastrinica e un marker del danno endoteliale.

  • FPA (Fibrinopeptide A)

    È il frammento peptidico della catena α del FIBRINOGENO che viene distaccato per azione specifica della TROMBINA. II distacco di questo peptide e successivamente del FPB porta alla trasformazione del fibrinogeno in monomero di fibrina. II dosaggio di questo peptide costituisce uh indice fedele dello stato “attuale” di attivazione del sistema coagulativo poiché possiede un’ emivita plasmatica molto breve (3-5 minuti).

  • FPB (Fibrinopeptide B)

    È il frammento peptidico che viene staccato per azione litica della trombina sui legami Arg-Gly della catena β del dominio centrale della molecola del FIBRINOGENO.

  • Frammento F 1+2

    È il frammento amino-terminale che si stacca dalla PROTROMBINA quando per azione litica della protrombinasi (complesso Xa – Va – PF3 – Ca) viene trasformata in TROMBINA. Ha un’emivita di 90 minuti ed è possibile dosarlo nel plasma con metodo radioimmunologico o immunoenzimatico come marker della attivazione della coagulazione.

  • HRG (Histidin Rich Glycoprotein)

    È una proteina molto basica di peso molecolare di 80 KD e che presenta grande affinità per le sostanze acide, in particolare per l’EPARINA e i GLICOSAMINOGLICANI. Ha una funzione regolatrice anche del sistema fibrinolitico, legando a sé il PLASMINOGENO e rendendo disponibile per la FIBRINOLISI solo la quota libera.

  • KCT (Kaolin Clotting Time)

    Tempo di coagulazione (espresso in secondi) di un plasma citratato privo di PIASTRINE in seguito all’aggiunta di una sospensione di CAOLINO (20 g/I, p/v) e di ioni calcio. È un test utilizzato soprattutto per la conferma della presenza di inibitori tipo LAC.

  • Inhibitore della Via Estrinseca

    È una lipoproteina con PM intorno ai 40 KD e un potente inibitore del complesso FATTORE VIla-TROMBOPLASTINA TESSUTALE. Questo inibitore richiede come cofattore il FATTORE Xa. La principale fonte fisiologica dell’EPI sembra essere l’endotelio vascolare.

  • INR (international Normalized Ratio)

    È calcolato elevando il valore di ratio (PT paziente/PT standard) per il valore di ISI della TROMBOPLASTINA. ISI (International Sensitivity Index) è l’indice di sensibilità della tromboplastina rispetto allo standard primario. INR = ratioISI

  • LAC (Lupus Anticoagulant)

    È un inibitore (riconosciuto inizialmente in pazienti con Lupus sistemico eritematoso) spesso presente nel plasma di soggetti che presentano ripetuti episodi trombotici ed aborti spontanei insieme a TROMBOCITOPENIA. II LAC è un’immunoglobulina di tipo G o M rivolta verso i fosfolipidi, essenziali sia nella via intrinseca che entrinseca della coagulazione. È un autoanticorpo non necessariamente presente in corso di LES. La presenza di LAC nel plasma determina un allungamento nell’APTT o del PT La sensibilità di questi test dipende dal reattivo e deve essere impiegato plasma privo di piastrine. L’incapacità di correggere il tempo di coagulazione con l’aggiunta di plasma normale differenzia il LAC dai difetti della coagulazione.

  • Mutazione 20210 GA

    Nella regione 3′-UT del gene della PROTROMBINA, è stata trovata una variazione genica consistente nella transizione G A in posizione 20210. Questa mutazione è stata riscontrata nel 18% di pazienti con storia personale e familiare di trombosi venose. La mutazione 20210 GA non determina la sintesi di una molecola di PROTROMBINA anomala, ma ne determina unicamente una aumentata sintesi. La PROTROMBINA è il precursore della TROMBINA, una serin-proteasi fondamentale nella regolazione dell’equilibrio emostatico. Un suo aumento determina un aumento del potenziale coagulante, che modifica l’equilibrio emostatico nella direzione della trombofilia. La ricerca di questa mutazione è effettuata sul DNA del paziente mediante tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction).

  • PAF (Platelet Activating Factor)

    È un fosfolipide contenuto nei basofili polinucleati che lo secernono quando vengono attivati. È un potente aggregante piastrinico di cui è nota la struttura chimica e che agisce indipendentemente dall’ADP e dalla sintesi dei trombossani.

  • PA-I (Plasminogen Activator Inhibitors)

    È stata dimostrata l’esistenza di almeno tre tipi di inibitori specifici del t-PA: PA-I 1 di tipo endoteliale prodotto o associato alle cellule endoteliali che producono il t-PA e alle piastrine. È una glicoproteina che rappresenta il 60% di tutto il PA-I circolante; PA-I 2 binding protein che inibisce il t-PA e I’urochinasi ed è circa il 40% del PA-I totale; PA-I 3 di tipo placentare prodotto dai monociti della placenta e che aumenta in gravidanza. Questi inibitori agiscono molto velocemente e in modo più specifico degli altri inibitori del t-PA. Si pensa che alti livelli di questi inibitori (congeniti o acquisiti) predispongano a complicanze tromboemboliche.

  • PF3 (Platelet Factor 3)

    Il Fattore 3 piastrinico è un fosfolipide di membrana, dotato della più importante attività procoagulante piastrinica. Esso diventa disponibile a livello della membrana al momento dell’attivazione piastrinica; è la sede e il supporto delle reazioni biochimiche dell’equilibrio emostatico.

  • Piastrine

    Cellule del sangue anucleate, di diametro medio di 2.5 μ, contengono nel citoplasma granuli α e granuli d . I granuli delta contengono ADP-ATP, serotonina e calcio; i granuli alfa contengono numerosi componenti ad esempio il fibrinogeno piastrinico, il Willebrand piastrinico, il PF4 ecc. Nell’emostasi hanno un ruolo importante liberando sostanze vasocostrittrici, quali serotonina e catecolamine e aggregandosi a formare il tappo piastrinico. La loro superficie cellulare, oltre al PF3, è importante nella fase coagulativa come fonte di fosfolipidi.

  • PIVKA (Protein Induced by Vitamin K Absence or Antagonists)

    Proteine indotte dall’assenza o dagli antagonisti della vitamina K; sono proteine vitamina K-dipendenti (fattori li, X, VII, IX, PC e PS) private dei residui di acido carbossiglutammico. La mancanza di tali residui impedisce il legame con il calcio rendendo la proteina inattiva funzionalmente e inibitore competitivo del fattore attivo.

  • Plasminogeno

    È una glicoproteina con peso molecolare tra 80 e 90 KD sintetizzata nel ed è presente in circolo nella sua forma nativa (Glu-Plasminogeno). Elettroforeticamente è una β globulina ma esibisce un pattern eterogeneo. Negli adulti sani ha una concentrazione plasmatica di 200 mg/I.Funzionalmente occupa nella FIBRINOLISI una posizione analoga a della PROTROMBINA nella cascata coagulativa. Per azione della PLASMINA, la forma Glu-Plasminogeno si trasforma in Lys-Plasminogeno. Quest’ultima forma subisce una parziale lisi da parte degli attivatori del plasminogeno, più rapidamente della forma nativa, per generare PLASMINA.

  • Plasmina

    E’ una serin-proteasi a doppia catena derivata da parziale lisi PLASMINOGENO. II sito attivo è situato nella catena leggera mentre nella catena pesante sono presenti i siti di legame con i vari inibitori fibrinolitici.È in grado di digerire numerose proteine incluse la FIBRINA, il FIBRINOGENO il FATTORE V e VIII. La plasmina agisce sempre sulla catena Bβ. Se il substrato su cui agisce è il fibrinogeno o la fibrina I, il peptide che si distacca è il frammento 1-42 mentre se il substrato è la fibrina II (prodotto di lisi della trombina con distacco del FPB) si stacca il frammento 15-42. Quando agisce sulla fibrina stabilizzata si formano prodotti di degradazione a legami crociati di cui il prototipo è noto come D-Dimero.

  • PPP (Plasma Povero di Piastrine)

    Plasma che viene preparato centrifugando il campione di sangue ad una forza relativa compresa fra 1000 e 2000 g per almeno 10 minuti. Per ottenere un plasma privo di piastrine è necessario centrifugare per almeno due volte e più a lungo.

  • PRP (Plasma Ricco di Piastrine)

    Plasma che viene preparato centrifugando il campione di sangue ad una forza centrifuga relativa compresa fra 250-500 g per 5-7 minuti.

  • Precallicreina Fattore Fletcher

    È una glicoproteina a singola catena polipeptidìca con peso molecolare circa 80 KD. È uno zimogeno di una serin-proteasi ed è attivato per parziale dal FATTORE Xlla. I livelli plasmatici di precallicreina sono circa di 2,5-4 mg/dl.

  • Protac

    E’ una proteina isolata dal veleno di Agkistrodon contortrix; è da una sola catena polipeptidica con peso molecolare di 39-42 KD. Non ha alcuna funzione proteasica e svolge la sua azione come attivatore specifico della PROTEINA C.

  • Protamina

    E’ una proteina basica che ha la proprietà di indurre la polimerizzazione non enzimatica dei complessi solubili di monomeri di FIBRINA che si formano nel plasma quando ci sono tracce di TROMBINA. Tale fenomeno viene definito paracoagulante e consiste nella formazione di filamenti di fibrina in presenza di solfato di protamina. Questo fenomeno non si verifica nel plasma normale.Per la sua carica positiva è usata in terapia come specifico antidoto verso gli effetti della EPARINA.

  • Proteina C

    E’ una glicoproteina, con peso molecolare di 62 KD, vitamina K dipendente formata da due catene polipeptidiche legate da ponti disolfuro. È una proteina circolante nel plasma come zimogeno ad una concentrazione di circa 0.4 mg/dl. Una parziale proteolisi ad opera della trombina del peptide N-terminale della catena pesante trasformalo zimogeno nella forma enzimaticamente (Proteina C attiva o aPC); quest’ultima funziona come anticoagulante inattivando proteoliticamente i fattori Va e Villa, co-fattori non enzimatici nella cascata coagulativa. La velocità di attivazione della proteina C da parte della trombina (il solo attivatore fisiologico finora conosciuto) è potenziata da un cofattore di superficie, la TROMBOMODULINA. Per esplicare le proprietà anticoagulanti è necessaria anche la presenza di un altro cofattore: la PROTEINA S. La proteina C stimola la FIBRINOLISI diminuendo l’attività degli inibitori endoteliali del t-PA. La carenza di questa proteina si manifesta spesso con tromboflebiti e in genere trombosi venosi in età giovanile. Il difetto è trasmesso per carattere autosomico dominante. Esistono due tipi di carenze: una di tipo quantitativo della proteina C antigene e una carenza di tipo funzionale.

  • Proteina S

    E’ una proteina vitamina K dipendente con PM di circa 71 KD, che contiene una singola catena polipeptidica. È la prima proteina vitamina K dipendente che non sia uno ZIMOGENO di una serin proteasi. Questa proteina è presente nel plasma in due forme: libera (40%) e legata al C4Bbp, una proteina regolatrice del sistema classico del complemento (60%). La proteina libera agisce come cofattore della proteina C attivata mentre la proteina legata non è attiva. La carenza di questa proteina è trasmessa per via autosomica dominante. Carenti omozigoti hanno nel plasma livelli bassissimi di proteina S ma non sono sempre associati a quadri clinici drammatici come invece avviene per i carenti omozigoti della PC. Individui con bassi valori di PS sono ad alto rischio di sviluppare eventi tromboembolici venosi. Va distinta come per la PC una carenza antigenica da una carenza funzionale e va tenuto conto che solo la proteina libera è funzionalmente attiva. I livelli plasmatici di PS diminuiscono in gravidanza, durante l’uso di contraccettivi orali, nella CID e durante il trattamento con antagonisti della vitamina K.

    Valori di Proteina S possono essere ridotti nel corso di terapia anticoagulante o in caso di malattie epatiche valori normali di proteina S: dal 55% al 160% (3).

    Diminuzione di valori di Proteina S sono associati a aumentato rischio di tromboembolismo (4). La diminuzione di attività di Proteina S non necessariamente indica una ridotta concentrazione plasmatica. La proteina S totale è presente nel plasma in forma libera e come proteina legata a I C4bBP. Solo la Proteina S in forma libera agisce come cofattore della Proteina C Attivata. In caso di valori diminuiti di Proteina S in attività % è quindi importante stabilire i livelli plasmatici di entrambe le forme circolanti (Proteina S libera e legata al C4bBp). Sono stati descritti tre tipi di carenze congenite di Proteina S (5), sintetizzati nella tabella seguente:

    Tipo di

    carenza

    Proteina S

    Totale

    Proteina S

    Libera

    Proteina S
     

    Attività
     

    I

    Diminuita

    Diminuita

    Diminuita

    II

     

    Diminuita

    Diminuita

    III

     

     

    Diminuita

  • Protrombina

    Vedi Fattore II

    glicoproteina di peso molecolare di 69 KD, il doppio rispetto alla trombina che è la sua forma attiva. È sintetizzato nel fegato ed è vitamina K dipendente. Nel plasma è presente alla concentrazione di 10-16 mg/dl.

  • PTT (Partial Tromboplastin Time)

    Tempo di coagulazione (espresso in secondi e decimi) di un plasma povero PIASTRINE, in seguito all’aggiunta di fosfolipidi come sostituto piastrinico e di ioni calcio. Come l’APTT, esplora la VIA INTRINSECA, ma la fase di attivazione non è standardizzata.

  • PT (Prothrombin Time)

    TEMPO DI PROTROMBINA
    Tempo di coagulazione (espresso in secondi e decimi) di una miscela costituita da plasma citratato povero di PIASTRINE e un estratto di cervello di varia origine animale (TROMBOPLASTINA) contenente ioni Ca++. II complesso formato fra il FATTORE VII plasmatico e il FATTORE TESSUTALE, in presenza di calcio, attiva direttamente il fattore X. Questo test saggia l’integrità della via estrinseca.

  • Reptilasi

    Vedi Batroxobina e Tempo di Reptilasi

    E’ il tempo di coagulazione (espresso in secondi e decimi) di una miscela costituita da plasma citrato, povero di PIASTRINE, in presenza di REPTILASI. Questo test serve ad esplorare l’andamento della fibrino-formazione e per quantizzare l’ effetto degli FDP. A differenza del TT, questo test non è influenzato dalla presenza di EPARINA o di antitrombine. È particolarmente utile nelle CID.

  • SCT (Silica Clotting Time)

    E’ il tempo di coagulazione (espresso in secondi) di un plasma citrato privo di PIASTRINE, a seguito della aggiunta di una sospensione di SILICE, che agisce come promotore della attivazione del sistema dei fattori di contatto della VIA INTRINSECA (Fattore XII, PRE-CALLICREINA, HMWK) e successivamente di CaCl2. La mancanza di FOSFOLIPIDI esogeni nella miscela dì reazione rende questo test sensibile alla presenza di inibitori con attività anti-fosfolipidica (LUPUS). Viene normalmente utilizzato su coagulometri, con rilevazione ottica del coagulo, in sostituzione del KCT, che difficilmente può essere usato a causa della notevole opacità della sospensione di caolino.

  • Silice

    Biossido di silicio, insolubile in H20 e in acido, eccetto quello fluoridrico. La forma cristallizzata del silice è scarsamente attaccata dagli alcali mentre la forma amorfa è un sol, soprattutto se finemente divisa. Quest’ultima è utilizzata come attivatore nei test della via intrinseca grazie alla carica elettrica negativa superficiale.

  • Standard

    Campione di plasma normale citratato, formato da un pool di almeno 10 plasmi di soggetti normali, congelato o liofilizzato, a cui per definizione viene assegnato un valore di 100% di tutti i fattori. Il plasma liofilizzato non sempre rispetta questo requisito e quindi deve venir titolato contro standards riconosciuti a livello internazionale.

  • Streptochinasi

    E’ una proteina con peso molecolare di 47 KD, prodotta dallo streptococco β emolitico. È un attivatore della FIBRINOLISI e viene comunemente impiegata nella TERAPIA TROMBOLITICA della TROMBOSI arteriosa. Non attiva direttamente il PLASMINOGENO a PLASMINA, ma forma un complesso equimolecolare, 1:1, con il PLASMINOGENO. Questa reazione porta alla formazione di un sito attivo sul complesso che diventa ATTIVATORE del plasminogeno stesso. Una infezione di streptococchi β emolitici o una terapia con streptochinasi stimola la produzione di anticorpi, della classe IgG, antistreptochinasi e la conseguente reazione antigene-anticorpo può provocare manifestazioni febbrili.

  • Substrato cromogenico

    È costituito da un piccolo oligopeptide (46 aminoacidi), cui è legata, nella parte carbossiterminale di arginina o lisina, una molecola di paranitroanilina (pNA) come gruppo cromoforo (capace di sviluppare colore) dosabile con comuni spettrofotometri. Le proteasi scindono il legame peptidico liberando pNA (colorata di giallo) proporzionalmente all’attività proteasica. La composizione e la sequenza aminoacidica del substrato sintetico è simile a quella del sito attivo del substrato “naturale” di cui si vuole dosare l’attività o la concentrazione.Se si sostituisce alla pNA il dimetil estere dell’acido 5-aminoisoftalico (gruppo fluoroforo) si ottengono substrati fluorogenici del tutto simili ai cromogenici, ma che necessitano di un fluorimetro per il dosaggio.

  • TAT

    Questa sigla sta a indicare il complesso trombina-antitrombina. Mediante metodo immunoenzimatico è possibile dosare nel plasma questi complessi.
    Sono un marker dell’attivazione della coagulazione.

  • Tempo di emorragia

    È il tempo (minuti) necessario all’arresto del sanguinamento provocato da punture o incisioni superficiali eseguite, in condizioni standardizzate, sulla faccia volare dell’avambraccio del paziente. Questo test rispecchia la funzionalità delle PIASTRINE e l’integrità dei microvasi. È prolungato nelle piastrinopatie e nelle piastrinopenie, nelle ipo e AFIBRINOGENEMIE, nella malattia di von WILLEBRAND; di solito è normale nei difetti della coagulazione. II tempo di emorragia è influenzato da una serie di variabili analitiche e deve quindi essere eseguito con notevole perizia e standardizzato nella procedura.

  • Tempo di Generazione Trombinica

    E’ un test globale che esplora l’integrità della via intrinseca in maniera meno standardizzata del PTT e dell’APTT Consiste nell’aggiungere ad una soluzione di FIBRINOGENO (500 mg/dl) il campione da testare, ricco di PIASTRINE, preventivamente ricalcificato; questa operazione va ripetuta nel tempo con cadenza di due minuti dalla ricalcificazione. Tempi superiori a 10 minuti sono da ritenersi patologici.

  • Tempo di Howell

    Vedi Tempo di Ricalcificazione
    Tempo di coagulazione (espresso in secondi) di un plasma citratato, ricco di PIASTRINE, dopo aggiunta di calcio cloruro in condizioni standard. È un test globale che esplora l’integrità della VIA INTRINSECA ma è di difficile standardizzazione.

  • Tempo di Reptilasi (TR)

    E’ il tempo di coagulazione (espresso in secondi e decimi) di una miscela costituita da plasma citrato, povero di PIASTRINE, in presenza di REPTILASI. Questo test serve ad esplorare l’andamento della fibrino-formazione e per quantizzare I’ effetto degli FDP. A differenza del TT, questo test non è influenzato dalla presenza di EPARINA o di antitrombine.
    È particolarmente utile nelle CID.

  • Tempo di Protrombina

    Vedi anche Tempo di Quick
    Tempo di coagulazione (espresso in secondi e decimi) di una miscela costituita da plasma citratato povero di PIASTRINE e un estratto di cervello di varia origine animale (TROMBOPLASTINA) contenente ioni Ca++. II complesso formato fra il FATTORE VII plasmatico e il FATTORE TESSUTALE, in presenza di calcio, attiva direttamente il fattore X.
    Questo test saggia l’integrità della via estrinseca.

  • Tempo di Quick

    Vedi anche Tempo di Protrombina
    Tempo di coagulazione (espresso in secondi e decimi) di una miscela costituita da plasma citratato povero di PIASTRINE e un estratto di cervello di varia origine animale (TROMBOPLASTINA) contenente ioni Ca++. II complesso formato fra il FATTORE VII plasmatico e il FATTORE TESSUTALE, in presenza di calcio, attiva direttamente il fattore X.
    Questo test saggia l’integrità della via estrinseca.

  • Tempo di Ricalcificazione

    Vedi anche tempo di Howell
    Tempo di coagulazione (espresso in secondi) di un plasma citratato, ricco di PIASTRINE, dopo aggiunta di calcio cloruro in condizioni standard. È un test globale che esplora l’integrità della VIA INTRINSECA ma è di difficile standardizzazione.

  • Tempo di RVV

    Vedi Tempo di Stypven + cefalina. In questo test a differenza di quello di Stypven, la soluzione di veleno è molto più diluita.

  • Tempo di Stypven

    È il tempo di coagulazione di un plasma citratato, ricco di PIASTRINEin presenza del veleno di vipera Russel: tale veleno è capace di attivare il FATTORE X in presenza di IONI CALCIO e in assenza di FATTORE VII.
    È un test per la valutazione del PF3.

  • Tempo di Stypven + Cefalina

    E’ il test di Stypven eseguito su plasma povero di piastrine a cui si aggiunge CEFALINA come fonte di fosfolipidi. È un test particolarmente sensibile per individuare i pazienti con LAC.

  • Tempo di Trombina Coagulasi (TC)

    È un test alternativo al TEMPO di REPTILASI. Il reagente trombinocoagulasi è composto da stafilocoagulasi purificata e da “coagulase reacting factor” che è un fattore plasmatico identico alla PROTROMBINA.
    La stafilocoagulasi è una proteina sintetizzata da alcuni ceppi di stafilococco aureo ed esercita un’attività trombinica.

  • Tempo di Trombina (TT)

    Tempo di coagulazione (espresso in secondi e decimi) di un plasma citratatopovero di piastrine miscelato con una qualità standard di TROMBINA.
    Questo test esplora l’ultima fase della cascata coagulativa cioè la trasformazione del FIBRINOGENO in FIBRINA e la sua polimerizzazione. È sensibile al tasso di fibrinogeno e di tutte quelle sostanze che hanno azione inibente la trombina quali le antitrombine, gli FDP, l’EPARINA e le paraproteine. È utile nella terapia fibrinolitica, nella diagnosi di stati iperfibrinogenolitici e nella patologia congenita e acquisita del fibrinogeno.

  • Tempo di Tromboplastina Parziale Attivato (APTT)

    Tempo di coagulazione (espresso in secondi e decimi) di un plasma povero di piastrine in seguito all’aggiunta di un attivatore della fase di contatto (ACIDO ELLAGICQ, CAOLINO, SILICE), di fosfolipidi in funzione del sostituto piastrinico e di IONI CALCIO. Questo test esplora la VIA INTRINSECA della coagulazione ed è prolungato nella carenza dei fattori CALLICREINA, CHININOGENO ad alto peso molecolare, XII, XI, IX, VIII, X, V, II e FIBRINOGENO; è sensibile inoltre alla presenza di inibitori endogeni (autoanticorpi) tipo LAC, alla presenza di EPARINA e agli altri anticoagulanti orali.

  • TGT

    vedi Tempo di Generazione Trombinica

  • Tissue Factor

    Lipoproteina presente negli estratti tessutali (TROMBOPLASTINA) recentemente isolata e purificata. Forma un complesso con il FATTORE VII in grado di attivare sia la VIA ESTRINSECA sia quella INTRINSECA.

  • TNF (Tumor Necrosis Factor)

    È una chinina secreta dai macrofagi attivati che ha attività citotossica. Alcuni studi recenti suggeriscono che il TNF possa favorire la deposizione di FIBRINA sui vasi sanguigni stimolando la produzione di PA-I e inducendo uno stato ipofibrinolitico. Sembra inoltre che tale fattore interferisca nel legame tra la PC e la TROMBOMODULINA e induca la rimozione proteolitica di quest’ultima.

  • Trasylol

    Trasylol aprotinina è un inibitore della CALLICREINA che inibisce anche la PLASMINA, la tripsina e la chimotripsina e altre proteasi intracellulari. È costituita da una singola catena polipeptidica contenente 58 aminoacidi di sequenza conosciuta.
    È un farmaco impiegato nelle pancreatiti acute quando si voglia salvaguardare l’integrità dell’organo dall’azione proteolitica e nelle emorragie da iperfibrinolisi.

  • t-PA (Tissue-Plasminogen Activator)

    L’ attivatore tessutale del PLASMINOGENO è una proteasi serinica con peso molecolare di circa 72 KD che è composta da una singola catena polipeptidica con due strutture ad anello simili al plasminogeno. Un’azione proteolitica limitata della PLASMINA lo trasforma in un attivatore composto da due catene legate da due ponti disolfuro. L’attivatore ha una grande affinità per la FIBRINA. La sua concentrazione plasmatica determinata immunologicamente è di 1-8 ng/ml e dipende sia dalla velocità di rimozione metabolica da parte del fegato sia dall’azione di un inibitore specifico. Si ipotizza che I’inibitore formi un complesso equimolecolare con I’attivatore bloccandone il sito attivo.

  • Trattamento anticoagulante eparinico

    Consiste nella somministrazione di EPARINA per via parenterale o per infusione continua. Nel primo caso l’azione anticoagulante è di breve durata (4-5 ore) perché viene rapidamente metabolizzata ed eliminata. Il significato della terapia anticoagulante è essenzialmente profilattico; previene cioè l’estensione di TROMBI già formati e ne impedisce la formazione di nuovi. È necessario un monitoraggio per verificare che sia entro i limiti terapeutici:a questo scopo si usa normalmente il test dell’APTT.
    Un trattamento eparinico adeguato dovrebbe portare il valore di APTT (ratio) tra 1,5 e 2,5.
    II rebound eparinico si riferisce alla ricomparsa in circolo di eparina dopo che è stata neutralizzata con PROTAMINA.

  • Trattamento anticoagulante Orale

    Consiste nella somministrazione per via orale di farmaci antagonisti della vitamina K, allo scopo di deprimere in vivo la sintesi epatica dei fattori del COMPLESSO PROTROMBINICO (assieme a PC e PS).L’intensità e la durata della terapia sono in relazione alla gravità dell’episodio sofferto e al fatto che sia o meno recidivante. I test coagulativi più comunemente usati per il controllo di questa terapia, devono essere sensibili alla riduzione di attività dei fattori del complesso protrombinico. Il più semplice e più usato è il PT, più specifici, perché sensibili anche ai PIVKA, sono quei test che impiegano una tromboplastina bovina, in presenza di eccesso di FIBRINOGENO e FATTORE V bovino.
    Il range terapeutico ottimale espresso in INR è tra 2.0 e 4.0.

  • Trattamento trombolitico

    È la somministrazione di attivatori del plasminogeno che agiscono sul sistema fibrinolitico allo scopo di indurre una lisi accelerata e il più possibile specifica di un TROMBO occlusivo. La terapia è diretta quindi verso il trombo, piuttosto che verso la rimozione delle cause che lo hanno prodotto. Gli agenti più comunemente usati sono la STREPTOCHINASI, L’UROCHINASI e il t-PA.

  • Trombasteina

    Ridotta aggregazione piastrinica indotta dall’ADP e ridotta retrazione del coagulo. Questa anomalia porta alla formazione di un trombo piastrinico insufficiente dal punto di vista emostatico che probabilmente è il fattore principale della patogenesi emorragica. Le manifestazioni cliniche sono costituite da epistassi, menorragie e altre alterazioni tipo porpora. È una malattia geneticamente ereditata come tratto autosomico recessivo.

  • Trombina (Fattore IIa)

    La trombina è l’enzima fisiologico che induce la trasformazione del FIBRINOGENO in FIBRINA. Quando è presente in circolo, è un marker dell’attivazione della coagulazione. Esiste in tre forme, la α trombina (PM 39 KD) è la forma nativa generata per parziale proteolisi della PROTROMBINA. Questa forma per autolisi si trasforma in β trombina (PM 28 KD). La terza forma γ trombina, ha lo stesso peso molecolare della forma β , ma con una notevolmente ridotta attività specifica. È rapidamente inibita dalla AT III e da HC-II in presenza di EPARINA e/o di DERMATAN SOLFATO. Quando si lega alla TROMBOMODULINA perde la sua capacità di attaccare il FIBRINOGENO (probabilmente è trasformata nella forma γ). È usata, a diverse attività, come agente coagulante nel TT

  • Trombo

    Solido formato prevalentemente o da aggregati piastrinici (trombo bianco) o da PIASTRINE aggregate e da FIBRINA inglobanti tutti gli altri elementi cellulari ematici (trombo rosso). La sua presenza è segno di una attivazione della coagulazione e di generazione endogena di TROMBINA, tale da promuovere sia l’aggregazione piastrinica sia, quando presente in grosse quantità, da trasformare il FIBRINOGENO in FIBRINA. La sua presenza in circolo è segno di un alterato equilibrio emostatico e può essere causa di ostruzione del letto vascolare, con conseguente ischemia dei tessuti a valle dell’ostruzione.

  • Trombocitopatia

    Con tale termine si vuole indicare un difetto funzionale delle PIASTRINE congenito o acquisito. TROMBOPATIA è in genere riferito al difetto funzionale piastrinico causato da una difettosa attività coagulante legata al PF-3.

  • Trombocitopeina

    Difetto quantitativo (< 150.000 mm3) delle PIASTRINE per ridotta produzione, per ridotta sopravvivenza (aumentata velocità di sequestro), per diluizione con sangue povero di piastrine (circolazione extracorporea, trasfusioni). Può essere primitiva o secondaria, acuta o cronica. Tale sindrome è responsabile di emorragia spontanea.

  • Tromboelastogramma

    Metodo di esplorazione globale dell’ emocoagulazione. Mediante una strumentazione dedicata (tromboelastografo) viene registrato il movimento di un pistone immerso in un sistema in via di coagulazione (plasma ricco di PIASTRINE o sangue in toto, ricalcificati) provvisto di un movimento rotatorio alternato. Prima della formazione di FIBRINA, il sistema è in equilibrio e il pistone rimane perfettamente immobile. Durante la formazione di fibrina invece, il pistone trova resistenza e viene trascinato. Il tromboelastogramma è pertanto la registrazione delle proprietà meccaniche del coagulo. Dal tracciato si possono ricavare alcuni parametri: r, k, ma. Il tempo di reazione r è correlato all’attività pro-coagulante (difetti di fattori, presenza di inibitori, concentrazione del FIBRINOGENO, funzionalità e numero di piastrine) e può essere considerato come espressione del tempo di generazione della trombina;
    “k” è la velocità di formazione del coagulo (indice di velocità di fibrinoformazione, di organizzazione del coagulo e fibrinolisi);
    “ma” è l’ampiezza massima che corrisponde al massimo divaricamento delle due branche del tracciato ed è un indice della concentrazione del fibrinogeno, del numero di piastrine e della loro funzionalità. La marcata riduzione di “ma” e la velocità con cui ciò avviene è indice di FIBRINOLISI.

  • Trombofilia

    Termine che sta ad indicare un aumentato rischio trombotico per una causa non certa ma conseguente a una carenza di inibitori, o a ridotta fibrinolisi o per attivazione della coagulazione.

  • Trombomodulina

    È una glicoproteina di membrana dell’endotelio, di peso molecolare di 74 KD. È un recettore endoteliale della TROMBINA con cui forma un complesso equimolecolare; in presenza di IONI CALCIO, questo complesso aumenta di 20.000 volte la velocità di attivazione della PROTEINA C rispetto alla sola trombina.

  • Tromboplastina

    È una sospensione acquosa di lipoproteine e fosfolipidi ottenuta con tecniche estrattive diverse, da diversi organi e da specie animali diverse. L’estrazione può essere eseguita da un tessuto fresco omogenizzato, o da polvere di tessuto mediante estrazione con solventi acquosi. Il cervello, il polmone e la placenta sono gli organi più comunemente utilizzati come fonte di lipoproteine e fosfolipidi. II coniglio, lo scimpanzé e il bue sono gli animali da cui si prelevano gli organi necessari. Quando la legislazione lo consente e ne regola il prelievo, anche l’uomo può essere un donatore d’organi per tale scopo.
    Il reattivo è normalmente usato nei test che esplorano i fattori della VIA ESTRINSECA.

  • Trombosi

    La trombosi è l’espressione della rottura dell’equilibrio emostatico, in cui è predominante la componente procoagulante rispetto al sistema degli inibitori e ai processi fibrinolitici. La formazione di FIBRINA in circolo, infatti, può generare TROMBI che possono occludere in alcune sedi il sistema vascolare, sia esso venoso che arterioso, sia di piccolo che di grosso calibro. La causa scatenante la trombosi non è sempre unica, ma più frequentemente è multifattoriale; è necessaria la contemporanea presenza di fattori vascolari (lesioni ateromatose, particolari situazioni reologiche) ed ematici (carenza di attività funzionale di qualche inibitore fisiologico della coagulazione, ridotta attività fibrinolitica).

  • Trombossani

    Sono sostanze prodotte nelle piastrine a partire da perossidi delle prostaglandine. II primo ad essere formato è il trombossano A che è in grado di indurre aggregazione piastrinica.

  • Urochinasi

    È una proteina sintetizzata nel rene ed è presente nelle urine.Consiste in una singola catena polipeptidica ed è presente in due diverse forme molecolari con peso molecolare rispettivamente di 54.7 e 31.3 KD. È un ATTIVATORE della FIBRINOLISI, agendo direttamente sul PLASMINOGENO trasformandolo in PLASMINA. Può essere usata nella TERAPIA TROMBOLITICA, non è antigenica per l’uomo e non provoca reazioni febbrili.

  • Via comune

    La via comune è l’insieme di reazioni che a partire dal FATTORE Xa portano alla formazione di FIBRINA. Il fattore Xa, comunque sia formato (VIA ESTRINSECA o INTRINSECA) interagisce col FATTORE V, gli ioni calcio e i fosfolipidi delle piastrine attivate (PF3) formando un complesso macromolecolare (detto protrombinasi) capace di convertire la PROTROMBINA in TROMBINA. L’enzima proteolitico trombina opera la conversione del fibrinogeno in fibrina, staccando dalla molecola del FIBRINOGENO i FIBRINOPEPTIDI A e B. Quello che resta della molecola rappresenta il monomero di FIBRINA; più monomeri polimerizzano spontaneamente dando luogo ad un polimero instabile. Successivamente per azione del FATTORE Xllla e di ioni calcio si formano dei legami covalenti tra i monomeri e ne risulta la fibrina stabilizzata.

  • Via estrinseca

    La VIA ESTRINSECA è l’insieme di trasformazioni che avvengono nel sangue in seguito al danno tessutale provocato da una lesione o da una superficie trombogenica (ateroma); viene attivata dalla liberazione della cosidetta TROMBOPLASTINA o FATTORE TESSUTALE che interagisce col FATTORE VII in presenza di ioni calcio formando un complesso (detto attivatore estrinseco del FATTORE X) che converte il fattore X in fattore Xa.

  • Via intrinseca

    È il meccanismo coagulativo capace di sviluppare una attività procoagulante attraverso il contatto con superfici adeguate; in vitro sono rappresentate da materiali che presentano una struttura molecolare o cristallina con una carica negativa come l’ACIDO ELLAGICO, il vetro, il CAOLINO, certe preparazioni di tessuto connettivale o di collagene, mentre in vivo è ancora sconosciuta l’esatta natura della superficie. Alla fase di contatto vi partecipano almeno quattro proteine plasmatiche: il FATTORE XII, il FATTORE XI, la PRECALLICREINA e il CHININOGENO ad ALTO PESO MOLECOLARE. La complessa interazione di questi quattro fattori sulla superficie di contatto porta alla trasformazione del fattore XII in F Xlla; quest’ultimo a sua volta converte il fattore XI in F Xla. Va tenuto conto che il F Xlla è in grado di attivare anche la precallicreina in callicreina e che quest’ultima è in grado di convertire il F Xlla. Tale reciproca attivazione del fattore XII e della precallicreina rappresenta un meccanismo di feed-back positivo. II fattore Xla a sua volta attiva il fattore IX che nella sua forma attivata, insieme al fattore Villa, al calcio e al PF-3, forma un complesso in grado di attivare il fattore X in Xa. Il fattore Xa ha anche la capacità di attivare il fattore VII. I termini VIA COMUNE, VIA ESTRINSECA ed INTRINSECA sono ancora oggi usati solo a scopo didattico poichè l’approfondimento delle conoscenze dei meccanismi coagulativi dimostrano sempre di più come le tre vie in realtà non esistono separatamente, ma interagiscono tra loro continuamente.

  • Vie delle Coagulazione

  • Zimogeno

    E’ una sostanza normalmente circolante priva di attività enzimatica propria. A seguito di parziali proteolisi della sua molecola da parte di enzimi specifici o per azione catalitica superficiale, si genera una molecola ad attività enzimatica procoagulante o inibitrice o fibrinolitica.

  • Willebrand

    Il fattore di von Willebrand è una glicoproteina ad alto peso molecolare, consistente di una serie di multimeri aventi un PM compreso tra 800 e 1200 KD. I multimeri a più alto PM hanno una maggior affinità, rispetto a quelli a basso PM, per le piastrine. Sulla superficie piastrinica vi è un recettore specifico per questo fattore. II sangue di pazienti che manifestano la malattia di von Willebrand (carenza ereditaria di tipo autosomico) mostrano una ridotta capacità di indurre adesione piastrinica al sottoendotelio e il TEMPO di EMORRAGIA è prolungato. Questo fattore circola nel plasma legato al FATTORE VIII.

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